Le Storie

Lo Storico sistema di Mulini e Chiuse della Val Varenna

TRATTO DALL’ARCHIVIO STORICO DEL COMITATO VAL VARENNA


Sfogliando le foto ed i documenti storici presenti nel nostro archivio, ho trovato la ricostruzione del percorso che veniva fatto fare all’acqua del Varenna che serviva a far funzionare le diverse realtà produttive presenti fino al secolo scorso in Valle.
Partendo da San Carlo di Cese, il nucleo abitato più a monte, e grazie ad un sistema di chiuse, l’acqua veniva convogliata all’interno delle attività disseminate lungo la Valle fino ad arrivare alla foce.
In questo articolo viene ricostruito quel documento che Luciana Canepa, attraverso interviste agli anziani della Valle, stilò all’inizio degli anni ’90 ed elenca i punti della Valle dove si trovavano queste antiche attività. Si sono potute contare circa trenta ruote.


Nel ‘700 in Val Varenna, erano attivi 52 mulini che macinavano il grano, non tanto del posto, ma quello trasportato a dorso di mulo attraverso i monti, dal basso Piemonte e che poi, macinato e fatto farina, raggiungeva il mare e navi. Poco a poco, con il passare degli anni e il variare dell’economia, i mulini si trasformarono in cartiere, opifici, ramiere, pastifici, sempre però serviti dalla chiusa e con forza motrice l’acqua. Oggi restano solo le vecchie case e la chiusa, ancora individuabile nel suo tracciato, a tratti ancora con l’acqua, ma non più motore della vecchia produttività locale. (Luciana Canepa 13/01/1993)

SAN CARLO DI CESE

A Camposilvano si trovavano la prima pala, chiusa e mulino di cui non ci sono più tracce. Lì vi si macinava il grano. Il mugnaio, la sera, fermato il mulino, con l’azione della ruota generava la luce elettrica per le case dei dintorni. La corrente fu portata poi nella zona da un signore soprannominato “Bovinche”.

Dei cittadini di San Carlo e la luce elettrica si racconta un aneddoto: era scommessa frequente tra di loro per chi fosse arrivato primo, l’uomo o la corrente alla lampadina in cima alla scala di casa, premendo l’interruttore in fondo alla stessa.

La chiusa seguiva la strada, passava sotto al cimitero, attraversava la strada nei pressi della chiesa e si perdeva nel Varenna dopo aver probabilmente servito un altro mulino situato nel gruppetto di case di fronte alla chiesa.
Nell’edificio al confine sud di San Carlo, ora casa di civile abitazione, vi era un altro mulino. Pala e chiusa sono andate distrutte.


CARPENARA

La pala si trovava in corrispondenza della fabbrica di ossigeno “Saci”, dove oggi si trova l’area di rimessaggio camper.

Cartiera Ghigliotti

La chiusa portava l’acqua alla Cartiera Ghigliotti, l’unica della valle che ha continuato a lavorare fino al 1992, servendosi dell’unica ruota rimasta delle tre originarie. Vi si fabbricava anche la carta per le sigarette.

Dai Salviati

Ruota in legno che azionava il maglio (“maggiu”) per battere il rame. Vi si fabbricavano batterie per la cucina e attrezzature di bordo.

Da “U Muinussu”

Mulino a mola che macinava grano. Una pala si trovava dopo il gruppo di case di Carpenara, una successiva pala si trovava nella curva del “Bosco Grande”.

Dalla LATTA

Situata lungo la strada, di fronte alla cava Pian di Carlo, chiusa ed edificio sono da anni abbandonati. Originariamente mulino, fu poi fonderia e vi si fondevano i cannoni. Si passò poi alla lavorazione del burro. Il latte lo portavano i contadini di San Carlo. Trasformato in burro, con il carro del “Baciccia du Mue”, lo si riportava a San Carlo dove era confezionato nelle classiche “michette” fasciate con le foglie di castagno e poi rivenduto come fatto in casa. Successivamente vi si trasferì il sig. Dosmann da Via Cassanello con la lavorazione della latta.

“Edifizi Nuovi”

Cartiera a turbine del sig. Scala Arturo. Ricordiamo alcuni nomi della carta che si produceva: velina, mille righe, camoscino, cernaria, cartapaglia, grisetta, sardia, turchino.
L’acqua della chiusa veniva adoperata anche dalla fabbrica di pittura dei fratelli Ottazzi, che sostituì la cartiera, e dalla vicina cava Coleol.


CHIESINO

Dai “ZAINI”

Nel 1720 vi era un mulino. Proprietari delle terre erano i Grimaldi. Nel 1746 i tedeschi scesero la valle incendiando e distruggendo. Al posto del mulino vi fu costruita una cartiera e il posto fu chiamato la “Cartara”. In tempi successivi la cartiera fu di proprietà del signor Villa e poi dei signori Scala e Colombo.

Gli edifici anticamente adibiti ad asciugatoi per la carta si trovano al di sopra della chiusa, oggi sono abitazioni private.


PROFONDO

Dai “Fié”

L’edificio, posto sulla strada, è stata sede di una fabbrica di catrame, prima ancora era una filanda e si producevano le calze. Oggi è adibito ad abitazioni private.

Dai “Zereghi”

Scesa la scala che porta al sottostante nucleo del Profondo, nel grosso edificio si trovava la fabbrica di coperte di lana dei signori Villa.
Antichi racconti danno notizia di una pala localizzata subito dopo il ponte di Napoleone e serviva la chiusa che portava l’acqua ad alcuni mulini, oggi inesistenti, sulla piazza di Ca’ de Rossi.


CA’ DE ROSSI

A Ca’ de Rossi vi era il maggior numero di mulini. Si ricordano alcuni nomi di proprietari: Cappurro, Rappin, “Cafferé”, Sciaccaluga, Causa. Alcuni di essi avevano mulini anche a Genova, in Castelletto, ed alternavano la lavorazione estiva in Varenna a quella invernale a Genova.
Abbandonata la macinazione del grano, si passò alla lavorazione di svariati materiali; ricordiamo la fabbricazione dello stucco (si estraeva in loco la pietra che veniva poi lavorata) e della stoppa per calafatare le chiatte.

Qui è presente l’unico mulino ancora in funzione che macina i ceci da cui ricava la prelibata farina di ceci, il Molino di Pegli.

LAVANDERIA

Prima mulino del signor Camillo Dellepiane, è la prima delle tante lavanderie della Val Varenna. Particolare interessante di esse era la “fulla”, macchina antesignana delle attuali lavatrici. Non esiste più alcun esemplare di questo ingegnoso sistema.

L’ultimo proprietario di questa lavanderia fu il signor Rodella. Un tragico incidente, nel 1952, è legato al ricordo di questo periodo: un ragazzo che lavorava lì cadde dentro alla vasca e morì schiacciato dalle pale.

IL PONTE FEDERICO GUGLIELMO

Il ponte di Ca’ de Rossi fu costruito dal Comune di Pegli per collegare alla strada carrozzabile la zona dei mulini. Venne intitolato al principe ereditario di Germania Federico Guglielmo (1870-1888) che lo inaugurò. Gravemente ammalato di un tumore alla gola, il principe trascorse a Pegli gli ultimi anni della sua vita e si vuole che abbia contribuito di tasca propria all’ultimazione del ponte.


CANTALUPO

Lungo il torrente Cantalupo, che versa le sue acque nel Varenna in località “Tre Ponti”, si trovavano le seguenti strutture: Pala “Lago Genneri”, “Muin de Rovee”, Mulini da “I Baixi”, oggi abitazione privata e sede dell’Associazione dei Baixi, i ruderi di un mulino sotto al ponte della ferrovia Genova-Acqui, pala “Lago del Gussu”, Mulino da “U Righi”, Fabbrica di maglie Opisso e Fabbrica di coperte Gaggero.


TRE PONTI

VIA POLA

In Via Pola, si trovava un mulino per la macinazione del grano conosciuto come da “U Pedann-a” . Passò dalla ruota alla macchina a vapore.
Poco più a valle, all’altezza del circolo “ARCI Val Varenna” si trovava una pala, oggi non più esistente.
In località Tre Ponti vi era uno stoppificio, la ruota di quest’ultimo si trovava a fianco l’attuale chiesa.

VIA FASCE DI VARENNA

Qui si trovavano un pastificio “Da U Drietta” e due lavanderie con “fulla”, una delle quali conosciuta con il nome “U Buccin“. L’acqua della chiusa, ormai insufficiente, era aumentata dall’apporto dell’acqua del Cantalupo, incanalata in una tubazione sospesa sul Varenna, oggi non più esistente, ma visibile in alcune foto storiche.

La cascata sotto il maestoso ponte che collega il palazzo Konak alla villa Granara-Cabiria è artificiale e costruita con un sistema di palafitte.

Lo stesso discorso vale per la cascata più a valle, in prossimità del ponte di Morteo. Si tratta di due interessanti testimonianze di ingegneria idraulica: la forza dell’acqua delle cascate, attraverso un sistema di chiuse, era sfruttata dai mulini che sorgevano sulla sponda orientale del Varenna, tutti scomparsi in seguito alla costruzione dei depositi ENI. I contadini adoperavano l’acqua della chiusa, aggiungendola a quella del pozzo del loro podere, quando la sorgente all’interno di esso era in secca.


VIA RAZZARA

Il palazzo degli Angeli fu costruito sulle rovine di un mulino. La chiusa poi proseguiva lungo la sponda destra del torrente fino ad arrivare al Mulino Repetto, dove oggi si trovano gli uffici ENI, macinava grano e ceci. La ruota era di notevoli dimensioni: 7 metri di diametro e 2,20 metri di larghezza.

Da “U Celsu”

Lavanderia dove vi si lavava la biancheria degli ospedali; i lavoranti si ammalavano poiché i mezzi di sterilizzazione lasciavano assai a desiderare.

Da “Cascinelle”

Mulino per il grano con macchine a vapore. Era giunto a macinare 600 quintali di grano al giorno. Nel 1912 fu trasferito a Sampierdarena dove prese il nome di “Mulini Alta Italia”. Uno dei proprietari, i signori Cassanello, morì per unìinfezione presa da un virus del grano (“scarbunsiu”)

Sotto al ponte di Morteo si trovava una pala; è l’unico punto dove la chiusa passa dentro alla pala.


VIA VARENNA e PEGLI

Davanti alla centrale elettrica posta sul Varenna, demolita nel 2011, vi erano tre lavanderie. Di due sole si ricordano i nomi: “Vittoia” e “Tarino”. Lavavano anch’esse con la “fulla”.

In Via Opisso il “Muin du Cioccu” aveva le macchine a vapore, cessata l’attività vi si installò la Lavanderia Massino. Ricordiamo in questa zona, per le persone anziane, la stalla “du Beppe Pijo” e il negozio “du Ruscin”.

Altre due lavanderie che lavavano la lana, da “I Marasci” e da “U Ciuettu”, si trovavano rispettivamente in Via della Maona e in Via Pallavicini.

Raggiunta Via Mulinetti di Pegli, attraversata la via Aurelia, la nostra chiusa sfociava nel mare, dove ora c’è il “Club la Gritta”.


LE PALE

Vogliamo ricordare, prima di chiudere il discorso, il funzionamento delle pale. Costruite su palafitte, vuote all’interno, avevano funzione di alzare il corso dell’acqua e rallentarla. Sopra di esse, poi, vi si costruivano delle barriere artificiali che erano solitamente muretti di pietre o di sacchetti di sabbia, trattenuti a volte da un grosso tavolone legato al muro. Erano comunque dighe molto fragili: quando era in piena il Varenna le distruggeva facilmente, questo per non creare pericolose strozzature all’acqua. A fianco di diverse pale ben conservate, di altre si ha notizia solo dai racconti degli anziani e non c’è più traccia.


Di seguito una mappa interattiva in cui si prova a ricostruire la posizione ed il tracciato di quanto appena descritto.
In rosso i percorsi delle chiuse, in giallo la posizione dei mulini e delle attività produttive ed in viola la posizione delle pale.

6 Commenti

  1. Grandioso la lavoro di Luciana Canepa e di Enrico che l’ha recuperato!
    Via via che passano gli anni sono sempre meno quelli che ricordano come per secoli la Val Varenna legasse la propria identità alla presenza dei mulini.

  2. Grazie Enrico per questo contributo così interessante e documentato. Ricordo suggestivo che non conoscevo nel particolare.

  3. Grazie Enrico per questo accurato recupero del lavoro della Luciana Canepa, un viaggio nella storia della valle che ne ricorda la grande attività lavorativa e di produzioni industriali chi alto livello, tutte alimentate dall’acqua del Varenna, la vera forza motrice, l’oro della val Varenna.

  4. Grazie Enrico per questo accurato recupero del lavoro della Luciana Canepa, un viaggio nella storia della valle che ne ricorda la grande attività lavorativa e di produzioni industriali chi alto livello, tutte alimentate dall’acqua del Varenna, la vera forza motrice, l’oro della val Varenna.

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